Morire per amore. Cento volte già quest'anno

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Il triste caso ha voluto che l’ultimo efferato e crudele femminicidio, che ha falciato la centesima vita dall’inizio dell’anno (centodecima, addirittura,  secondo alcune fonti), si sia consumato oggi, più vicino a noi di quanto si possa pensare.

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Teatro dell’ennesima vicenda a tinte fosche è Palermo. L’efferata escalation che sta colpendo donne di ogni età in tutta Italia ha toccato il famigerato numero a tre cifre e vittima stavolta è una giovanissima morta, sì stavolta lo possiamo dire senza tema di smentita, per amore, nell’estremo tentativo di difendere facendo da scudo umano alla barbarie che si stava scatenando sul corpo della sorella. Per dovere di cronaca, riportiamo sinteticamente la vicenda per come verosimilmente si è sviluppata secondo le varie ricostruzioni, battute da tutte le agenzie di stampa, nel pomeriggio.

I genitori disperati

I fatti si svolgono a ora di pranzo, intorno alle 13, Lucia e Carmela Petrucci fanno ritorno a casa dopo aver passato la mattinata a scuola, entrambe le sorelle frequentano il Liceo Classico Umberto I di Palermo. Sono in compagnia della nonna, che come di consueto è andata a prenderle da scuola; dopo averle accompagnate sull’uscio di casa, in via Uditore 14, si allontana per andare a fare la spesa nel supermercato attiguo. Ed è in pochissimi istanti che si consuma la tragedia: le ragazze fanno appena in tempo a scorgere quello che si rivelerà il loro aggressore e a citofonare insistentemente, per potere barricarsi in casa, che vengono freddate sull’androne del condominio in cui abitano con una serie di fendenti, alcuni dei quali si riveleranno mortali per la giovane Carmela di 17 anni, sorella minore di Lucia, che fino all’ultimo e a costo della sua vita ha cercato di difenderla in tutti i modi dalla inusitata ferocia di Samuele Caruso, un ragazzo poco più grande di loro. Bersaglio delle “attenzioni” moleste di quest’ultimo era Lucia, con la quale probabilmente il ragazzo aveva stretto nelle settimane trascorse una liaison che non aveva avuto particolare seguito, come si conviene, peraltro alle frequentazioni passeggere e alle superficiali “amicizie” tra ragazzi di quell’età.

Carmela si mette in mezzo, nel probabile tentativo di evitare quello che qualche secondo più tardi per lei si tradurrà nell’inevitabile, istintivamente si getta sul corpo della sorella, già ferita da alcune pugnalate e in tale frangente riceve il corpo mortale: da scudo di protezione diviene essa stessa obiettivo mirato della cieca furia omicida, languirà, spirando, tra i gemiti della sorella ferita, nella pozza del loro stesso sangue.

Le urla di dolore richiamano l’attenzione dei clienti del vicino supermercato che accorreranno numerosi, i soccorsi prontamente intervenuti sul posto si riveleranno vani per Carmela; Lucia viene trasportata presso l’Ospedale Cervello, ha riportato numerose e gravi ferite ma non è attualmente in pericolo di vita. Il giovane, feritosi a una mano e datosi alla macchia viene fermato nel tardo pomeriggio nei pressi della stazione di Bagheria, essenziali per la sua cattura sono stati la rivelazione del suo nome ad opera di Lucia cosciente al momento dei soccorsi e il segnale del cellulare del ragazzo che aveva appunto agganciato la cellula della zona periferica di Palermo. In questi istanti la sua posizione rispetto ai fatti viene accertata dalle competenti autorità inquirenti.

Al di là della dinamica di svolgimento dei fatti ciò che più lascia basiti è l’efferatezza del crimine che, in questo caso, meno che mai sembra avere un movente, ammesso che nessun delitto, tale per definizione, ammette giustificazione ed è dotato di un senso che possa mitigarne gli effetti lesivi.

Che non si dica stavolta che una giovane viene aggredita per gelosia o perché ha respinto un uomo. Non si conosce con precisione la natura del legame che si era venuto a instaurare tra i protagonisti della triste vicenda e sul punto le notizie sono incerte, diverse e contrastanti (c’è chi dice che i due si erano conosciuti tramite social-network circa un anno fa ma la “confidenza” venutasi a creare non si era tradotta nelle aspettative sentimentali del ragazzo o si era bruscamente interrotta, c’è chi dice che invece i due ragazzi si erano conosciuti pochi giorni prima all’uscita della scuola e chi afferma che le molestie e le persecuzioni del ragazzo non erano una novità, pur non essendo state mai denunciate dalla vittima), quindi vale la pena non speculare su quelle che potrebbero essere gli equilibri e le note stonate di un rapporto conclusosi nel peggiore dei modi.

Fino a quando dovremo sentire parlare con insistenza di uomini che si trasformano in truci giustizieri e dispensatori di morte? Fatti che ormai stanno assumendo quotidiana costanza, e che sono all’ordine del giorno, per essere da tutti percepiti nella loro disarmante gravità devono accadere sotto casa nostra o, peggio, devono colpire le nostre figlie, le nostre sorelle, le nostre madri, le nostre amiche? Quanti nomi ancora si dovranno aggiungere alla lista rosa degli “angeli del presente”, vittime di una crisi identitaria senza eguali nella storia dell’umanità? Che cosa sta accadendo al maschio italiano e verso quale mondo progrediamo a grandi passi?

Non è una questione di legami più o meno stretti con la vittima, no. Semmai questa spirale di violenza è il sub-prodotto di una mentalità sessista errata, di una condotta temporeggiatrice delle apposite istituzioni non più tollerabile visti i numeri di queste emergenza, di una cultura che ha coniato e fatto proprio un nuovo concetto di misoginia, che ha reificato la donna in misura tale per cui chiunque abbia un minimo contatto con essa o instauri una parvenza di rapporto si senta giustificato a considerarla come cosa propria. Se, poi, la donna non accetta le moleste e le deviate attenzioni del preteso “maschio dominante”, tanto peggio per lei: non sa contro quale male si andrà a schiantare. O soggiace in silenzio o in quel silenzio ci verrà condotta con la forza: o perché continuerà a subire e tacere o perché verrà uccisa, sgozzata, soffocata, bruciata dopo essere stata più volte annientata nella sua dignità di Donna.

Avrete notato che nel corpo di questo articolo ho menzionato una sola volta e di passaggio il nome del maschio (attenzione: anche il non definirlo uomo è una scelta voluta e ponderata e non solo stilistica) che si è reso responsabile di questa tragica vicenda, più per sottolinearne l’identità criminale che non per altro; ho visto in rete e non ho più voglia di vedere la sua faccia, non mi interessa e credo che non debba interessare a nessuno il pubblico linciaggio o una collettiva opera di colpevolizzazione a mezzo della ormai nota gogna mediatica.

Ho voluto fin da subito parlare di Lucia e di Carmela. Non sappiamo quasi nulla delle loro vite e spero che i media nei prossimi giorni non passino al setaccio le loro abitudini, le loro amicizie, i loro vezzi di sorelle. Spero che si sappia cogliere con la dovuta delicatezza l’estremo sacrificio che legherà per sempre queste due giovani donne, che fino ad oggi sono state unite dalla vita e che da adesso in poi lo saranno anche oltre la morte. Carmela ha donato la sua vita per la sorella Lucia, la quale nel momento in cui riacquisterà le forze per comprendere la gravità di quanto è successo sicuramente non si sentirà più la stessa e non rivedrà riflessa nello specchio la stessa immagine che ha visto fino ad oggi. Le è stata salvata la vita ma al contempo un pezzo della stessa le è venuta a mancare per sempre, strappata da un gesto che non ammette scuse, che non deve essere considerato folle e che va punito per quello che è, nella sua illogicità, nella sua freddezza, nella sua inaudita e incomprensibile gravità. Ed è a Lucia e a Carmela e a tutte le donne che hanno vissuto e continuano a vivere un disagio simile, a quelle che sono andate incontro al loro destino incappando in un tragico epilogo e a quelle che possono ancora evitarlo, che deve andare il nostro costante e benevolo pensiero.

Per tutti coloro che in nome di una virilità, che è più appartenenza fisiologica a un genere diverso da quello femminile che una vera condizione d’animo, hanno distrutto le loro vite scagliandosi contro anime innocenti, colpevoli solo, ai loro occhi, di essere Donne, scusate ma almeno stasera, a caldo, non mi sento di spendere nessuna parola di umana compassione; avranno diritto a un processo giusto nel quale saranno giudicati e magari puniti (?) meno del previsto ma non potranno scappare al tribunale della loro coscienza e il peso da sostenere nel guardare negli occhi le madri che li hanno generati spero non sia lieve.

Luciana Cusimano

 

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4 Thoughts to “Morire per amore. Cento volte già quest'anno”

  1. .
    Dire che piace questa notizia è una eresia. Comunque occorre evidenziarla. Occorrerebbero comunità monitor a cui fare appello subito ai primi accenni di stalking o vera violenza fisica. Consultori matrimoniali ed anche pre-matrimoniali che consiglino la coppia ancora prima del disagio patologico: anche in caso di semplice affetto morboso. Nel caso di coppia con figli provare una riconciliazione nel rispetto assoluto degli interessi dei minori.
    In casi di vera patologia: Tutelare la/il Partner svantaggiata/o attraverso comunità Tutor per la messa in sicurezza personale (del partner svantaggiato) e per la cura del partner violento.
    Grazie alla Dottoressa Luciana Cusimano per avere messo in evidenza questa notizia sensibile.
    G. VERRI
    56124 – PISA
    http://giuseppe-verri-5614-pisa.ilcannocchiale.it

  2. .(Errata Corrige)
    Dire che piace questa notizia è una eresia. Comunque occorre evidenziarla. Occorrerebbero comunità monitor a cui fare appello subito ai primi accenni di stalking o vera violenza fisica. Consultori matrimoniali ed anche pre-matrimoniali che consiglino la coppia ancora prima del disagio patologico: anche in caso di semplice affetto morboso. Nel caso di coppia con figli provare una riconciliazione nel rispetto assoluto degli interessi dei minori.
    In casi di vera patologia: Tutelare la/il Partner svantaggiata/o attraverso comunità Tutor per la messa in sicurezza personale (del partner svantaggiato) e per la cura del partner violento.
    Grazie alla Dottoressa Luciana Cusimano per avere messo in evidenza questa notizia sensibile.
    G. VERRI
    56124 – PISA
    http://giuseppe-verri-56124-pisa.ilcannocchiale.it

  3. Redazione

    Purtroppo infatti non piace a nessuno come notizia. Ma sono proprio le tematiche più serie che vanno evidenziate senza farne occasione di gossip come troppo spesso accade. (luigi)

  4. Gent.mo Dott.Giuseppe Verri,
    La ringrazio per l’attenzione che ha prestato al mio intervento e La ringrazio sentitamente per il titolo di Dott.sa da Lei conferitomi, tuttavia, devo ammettere che, per quanto mi risuoni bene alle orecchie, ancora dovrò attendere qualche mese per fregiarmene: sto per conseguire la Laurea in Giurisprudenza e sto portando avanti con passione e impegno il mio lavoro di tesi su queste tematiche delicatissime quanto infelici. Mi creda, spero arrivi il giorno in cui di queste notizie non avremo più modo di sentire parlare e scrivere, sebbene al momento la tendenza appaia opposta. Quanto da Lei rilevato è corretto. E’ necessario potenziare la rete di strutture antiviolenza rendendola capillare ed efficiente sull’intero territorio nazionale. Ci sono delle strutture che funzionano bene ma ci sono anche delle falle nel sistema che rendono questa rete smagliata, alcune regioni italiane o sono carenti o difettano di Centri di ascolto e di accoglienza per vittime maltrattate ma soprattutto per maltrattanti. Per quanto io abbia sferrato un giudizio duro nella conclusione del pezzo, infatti, bisogna lavorare non solo sulla repressione di queste condotte attraverso i relativi procedimenti penali e la comminazione delle corrispondenti pene a carico degli autori ma anche sulla prevenzione e sulla reiterazione ed emulazione di simili condotte e per fare questo è in primo luogo necessaria una vera rivoluzione culturale che scrosti definitivamente quei pregiudizi e quei luoghi comuni che ancora ammantano il rapporto di coppia, visto più come un rapporto di forza e crogiolo di tensioni che non un naturale “luogo” di incontro e completamento. La tendenza a concepire il trattamento sanzionatorio anche come un momento di recupero del reo, al fine di consentirgli di prendere coscienza della gravità dei fatti compiuti, rimane spesso sulla carta. In astratto la legislazione vigente nel nostro ordinamento prevede le misure da Lei indicate, il punto è che mancano gli strumenti prettamente finanziari per rendere attuativo il dato normativo. Non da ultimo, essenziale è inoltre una rimeditazione dei percorsi formativi per tutto il personale coinvolto nella gestione e nella presa in carico dei soggetti coinvolti in queste tristi vicende. Sperando di aver fornito adeguato contraddittorio al Suo gradito commento, Le porgo cordiali saluti e Le rinnovo l’invito a continuare a seguirci.
    Luciana Cusimano

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